In un recente studio, Sharlene Newman ei suoi colleghi hanno assegnato a due gruppi di bambini di 8 anni una serie di sessioni di gioco diretto (Newman et al 2016). Un gruppo si doveva dedicare al gioco strutturato con i mattoncini. L’altro gruppo doveva giocare ad un gioco basato sulle parole, lo “Scarabeo”. Prima dell’inizio dello studio, i ricercatori hanno testato le capacità spaziali di base dei bambini, chiedendo loro di eseguire un compito relativo alla rotazione spaziale. I bambini hanno cioè dovuto osservare le lettere dell’alfabeto e determinare se fossero state capovolte (“a specchio”) o semplicemente ruotate. Durante lo svolgimento del compito, sono state registrate la loro velocità e la precisione. Inoltre, i ricercatori hanno misurato la loro attività cerebrale con la risonanza magnetica funzionale, o fMRI. In questa fase, non sono state evidenziate differenze tra i gruppi. I ragazzi scelti erano omogenei per sesso, età, punteggi nei test di matematica, livello di istruzione dei genitori, esperienze nel gioco spaziale.

Ma dopo solo cinque sessioni di gioco da 30 minuti – sviluppate su un periodo di circa 12 giorni – qualcosa era cambiato: quando i ricercatori hanno testato nuovamente le capacità di elaborazione spaziale dei bambini, hanno riscontrato che i bambini del gruppo di gioco strutturato con i mattoncini, hanno mostrato miglioramenti statisticamente significativi in termini di velocità e precisione. Inoltre, le risonanze magnetiche hanno rivelato un aumento di attività nei settori legati all’elaborazione spaziale – un risultato coerente con l’ipotesi che questi ragazzi stessero imparando a risolvere i problemi di elaborazione spaziale in un modo nuovo (Newman et al 2016).